Abbiamo tre cervelli, ecco quello con il quale facciamo trading
“Che ti dice il cervello ?”, è la domanda un tantino sgarbata che ci fa chi non riesce a capire le ragioni di un nostro comportamento, ma una possibile risposta potrebbe essere: “scusa, a quale dei miei tre cervelli ti riferisci” ? Secondo la scienza abbiamo infatti non uno, non due, ma tre cervelli ! Cerco ora di spiegarlo come meglio posso, con un occhio agli effetti che la struttura mentale umana ha sulle decisioni di trading che prendiamo ogni giorno.
La storia dei tre cervelli
Nella seconda metà del secolo scorso, il neuroscienziato Paul Donald MacLean ha elaborato la cosiddetta “teoria dei tre cervelli”, più tecnicamente definita: teoria del cervello tripartito o trino. MacLean individua tre parti del cervello, ciascuna con un suo compito, come già aveva scoperto tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, John Hughlings Jackson, suddividendo le funzioni della mente tra centri inferiori e superiori.
Ma qual è la differenza tra questi settori ?
La risposta ce la fornirà niente po’ po’ di meno che il fondatore della teoria evoluzionistica: Charles Robert Darwin. In poche parole, siamo tutti Homo Sapiens Sapiens, frutto di un lungo cammino evolutivo, cominciato qualche milione di anni fa. Durante questo percorso il cervello dei nostri antenati si è lentamente modificato, sviluppando funzioni sempre più articolate. Tutto è iniziato con il primo dei tre cervelli di MacLean: il cervello rettiliano.
Alla fine siamo tutti rettiliani
Il sistema rettiliano è il primo in ordine di evoluzione e il più profondo a livello anatomico. È stato chiamato così per la sua natura primitiva ed è la sezione che regola la sopravvivenza. Ancora oggi funziona in base a questa specifica e si attiva in modo indipendente dalla nostra volontà e dalla nostra ragione quando ci troviamo di fronte ad un pericolo vero o immaginato.
Sul piano delle relazioni, poichè risponde all’imperativo primordiale della sopravvivenza, conosce solo due risposte: attacco o fuga. E’ la parte del cervello che si attiva se ad esempio veniamo coinvolti in un incidente. In questi casi non è la ragione che conta per il cervello rettiliano; la sua funzione è un’altra, quella di fornire la rapidità di esecuzione per rispondere ad un rischio e mettersi al riparo.
Emozioni e ragione
Il percorso evolutivo sviluppa poi il secondo cervello, gerarchicamente superiore a quello rettiliano ma non per questo meno “selvaggio” : è quello che MacLean chiama “cervello paleomammaliano”, o “limbico”. A questo livello, la dinamica delle emozioni e delle relazioni è più complessa: non c’è più solo paura, fuga o attacco, ma tutto lo spettro emozionale legato al “sentire” , non ancora elaborato dall’ultimo cervello, che è la più recente acquisizione in termini evoluzionistici.
Il terzo cervello
È la terza parte del nostro cervello, la neocorteccia, che ci rende un unicum fra i mammiferi. Esso sovraintende alla rielaborazione dei dati, alla creatività, al ragionamento astratto, alla riflessione etica e morale. E’ la parte vigile che dirige i primi due cervelli. Questa sezione non soltanto regola l’impulsività inibendola quando è fuori luogo, ma resetta le emozioni e i sentimenti in un contesto di razionalità.
Il rapporto “quasi” gerarchico dei tre cervelli
La relazione fra i tre cervelli è gerarchica, ma non troppo. Di fatto non “comanda” sempre la neocorteccia. In taluni casi è il sistema limbico a prevalere. Per esempio, di fronte ad un crollo improvviso dei prezzi e delle quotazioni il cassettista reagisce secondo l’imperativo della sopravvivenza: scappare. Ognuna di queste tre parti ha tempi di risposta differenti: il cervello rettiliano è rapidissimo, perchè si è sviluppato in un periodo in cui la sopravvivenza era questione di nanosecondi; la neocorteccia è evolutissima, necessita dei suoi tempi, ma è quella che permette al trader di settare adeguate strategie di copertura.
Con quale cervello facciamo trading ?
L’Homo Oeconomicus, di cui abbiamo già parlato, razionale e a suo agio con il calcolo, curava i suoi interessi patrimoniali, ma non spiegava gli errori immancabili di questa “macchina razionale”. Quindi è sopraggiunta la finanza comportamentale che mediante studi neuroscientifici ha chiarito che certe volte le nostre emozioni e l’istinto di attacco o di fuga hanno la meglio sulla neocorteccia.
La via d’uscita secondo me non è zittire i primi due cervelli, ma prendere coscienza della loro esistenza e del loro funzionamento per trarne vantaggio o disinnescarne gli effetti, specialmente quando qualcuno prova a far leva su di essi per ingannarci e farci sottoscrivere strumenti o prodotti finanziari ad alto rischio.
Tutto sommato siamo corpi pensanti che provano emozioni, ma anche organismi impulsivi ed emotivi che però hanno acquisito la facoltà di pensare.
Di Vincenzo Augello