L’ampiezza del mercato misurata dal CotIndex Oscillator
Dall’oscillatore proprietario ne deriva la nozione tecnica di “ampiezza del mercato”, ossia l’entità di contratti derivati legati ad una valuta o a un qualsiasi altro asset che nel corso delle settimane registra variazioni in acquisto e in vendita.
L’analisi tecnica classica mette a disposizione molti diversi strumenti per analizzare l’ampiezza delle contrattazioni, tuttavia indipendentemente dall’approccio che si sceglie di utilizzare l’obiettivo di entrambi è misurare la forza interna di un mercato.
Il denominatore comune delle due modalità di intervento sui mercati finanziari dovrebbe essere quello per cui i soldi si fanno agli estremi ed in questo contesto il Cotindex Oscillator individua i posizionamenti estremi di hedge fund e operatori istituzionali, padroni del mercato: punti long/short di una componente derivata dell’asset sottostante con elevato livello di deviazione rispetto alla norma.
Di conseguenza, pochi ulteriori titoli in aumento o in calo possono fare la differenza. Nel calcolo lo strumento di questo portale utilizza due tipi di dati riportati dal Chicago Mercantile Exchange (C.M.E.): future acquistati e future venduti all’interno di un orizzonte temporale di 20 anni.
Queste due variabili di primo acchito sembrano piuttosto semplici e oggettive, in realtà non lo sono, perché ciascuna rappresenta un obiettivo in continuo movimento.
Ciò avviene in virtù del fatto che il sentiment sul mercato dei titoli cambia di giorno in giorno, il totale dei future sale e scende e viene trascritto dagli investitori sul Cot Report tutte le settimane entro un intervallo ben più ampio di quanto si possa immaginare.
E’ a questo punto che il CotIndex Oscillator offre il suo meglio, individuando indirettamente, dalla somma dei titoli depositati in un verso o in un altro, l’area di prezzo limite, dove è probabile l’inversione di una tendenza primaria.
D’altro canto, gli strumenti di analisi quantitativa tradizionale rendono la misurazione dell’ampiezza di un mercato difficoltosa se non impossibile, ciò significa che la metodologia più adatta per valutare l’ambito di volatilità storica dei mercati (soprattutto quelli valutari) implica la codifica delle quantità derivate connesse a un asset e scambiate sulla borsa più importante.
Di Vincenzo Augello